Broad Concept Of Risk Groups

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“(…) Strana proposta quella di Bogdan Dullsky. Randagia, dubbiosa, obliqua. Il siberiano Dullsky (attualmente residente in Moldavia…), è un incontro strambo e spiazzante. In “Freedom Reflex (One)”, si assiste ad un crash bizzarro, che visto dalla nostra angolazione, marcia ed occidentale, suscita singolari accostamenti, nell’improbabile tentativo di render l’idea (un’idea che sia una…). Flautista e polistrumentista (flauto traverso, piano Rhodes, sequencers, samplers, percussioni acustiche e midi, basso e chitarra elettrici), Dullsky, muove un percorso, che ingloba e digerisce, frammenti etnici, ambient di un’altra epoca, e jazz, in porzioni fusion, e lounge futuribile. Le cinque lunghe composizioni di “Freedom Reflex (One)”, contengono interventi da parte di: Artem Pustovit, Barandash Karandashich, Alexander Tankeev, Ray Kondrashov, Olga Kondrashov, Oleg Apostol e Jana. Non perfetto, per nulla, in alcuni passaggi eccessivo, eppure, (sarà per via della provenienza atipica) zampilla fresco e stimolante alle nostre orecchie, nel suo approccio stilistico, che più di un’insidia nasconde (per se stesso, e gli altri…). Come rinchiudere nella stessa stanza virtuale, il compianto Jorge Reyes e Steve Roach, le composizioni di Artemiev per Tarkovskij, gli ambienti risuonanti di Paul Schütze, una certa angolazione nello sguardo, che avevamo riscontrato negli immensi ZGA (qualcuno li ricorda?…), le catastrofi, pianistico/percussive di Cecil Taylor, e la visione compositiva di Xenakis. Reso l’idea? Manco un poco credo, eppure, i risucchi e gli strappi, le sgroppate a rotta di collo, le pause, gli scarti improvvisi e le intrusioni digitali, ci parlano di puro talento. Da affinare, da preservare, da giocare semmai in sottrazione (potrebbe tramutarsi in incubo vero altrimenti…). In poche parole, da annusare e seguire con attenzione (in tutti i sensi…).” M. Carcasi, Kathodik 2009.

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